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martedì 23 ottobre 2007

Filosofia estetica e contesto letterario





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Argos&Kepos
la stanza di Romeo

il giardino di Tito Lucrezio Caro
sba gldj


donapaideia
il dizionario di Donatello




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gldj sba
sbmp
sintagma
bibliotheka
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gldj sba Bibliotheka
la Biblioteca di Antonino

sbm gldj

...
Romeo's Garden room
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il Giardino del Nespolo
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sintagma bibliotheka Alba Tros
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sbm gldj
sba gldj
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Antonines
... vox Patris
italice dicta ac
latine vorsa ...

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cònfer ... :

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Sintagma Biblioteka Argos

Romeo's garden
Vincent's eyes
Tito L Caro


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Vincent ... starry starry night
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... il Re Gatto ridente ...

il Giardino di Tito

Silent blackmail

Kwandargos

Tarrakkond

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Ruphus Samnìs

la Primavera di Antonino

Ksanta di Polilithium
Xanta di Polilitio
Xanta


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...
... Papà ...
... Ma esiste una terra
senza montagne ... ?

Il Figlio a Guglielmo Tell


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_§_Filosofia estetica e contesto letterario_§_

Estetica contestuale

Gennaro di Jacovo


ante diem decimum Kalendas Novembres

Decimoktavo anno
post Argum Natum
Urbis Telluris oppido

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Indeks ...

1 Cos'è l'estetica contestuale?
2 Scrittura mediata e scrittura immediata
3 Relazione o commento
4 Qui studet optatam cursu contingere metam...
5 Strutture paratattiche, ipotattiche e Funzioni linguistiche
6 tendenze paratattiche e ipotattiche
7 Platone
8 La parola
9 Ideogrammi della Mesopotamia
10 La Legge della Casa - Oikos nomos
11 Arte e Pòlis da Platone a Gramsci
12 Càtharsis
13 La metriòtes e il piacere catastematico


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Riferimenti bibliografici
confer: Cenni sulla Linguistica
di Gennarino di Iacovo
Gennaro di Jacovo
sta in: Alla Bottega 1981
via Plinio 38 Milano

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Cos'è l'estetica contestuale?

Se per estetica intendiamo quella parte della filosofia che si interessa della percezione, della considerazione dell'aspetto esteriore, per 'estetica contestuale' vorremo intendere quel tipo di estetica che considera la percezione, e lo studio di essa finalizzato all'arte, come qualcosa non di isolato, ma di profondamente connesso con l'ambiente, con il contesto.

Tutto inizia con una specie di lettera impossibile e improbabile che un insegnante di retorica, grammatica e linguistica scrive a Socrate, che pure non amava la scrittura.
Socrate è l'iniziatore del sentire e ragionare moderno, che pure dura tuttora da migliaia di anni e che del resto esisteva anche nella 'preistoria'.


Con Socrate e Platone ha inizio l'estetica storica, logica, socratica appunto.

Con Aristotele tocca limiti oltre i quali ancora oggi poco ci si è inoltrati.


Scrittura mediata e scrittura immediata

Se il primo, Socrate, rielabora e presenta le proprie teorie, divenendo a fonte e punto di riferimento, specie in absentia auctoris, ossia una volta che sia persa la voce stessa dell’autore, il secondo, Platone, che queste teorie eredita moralmente, eticamente e filosoficamente, diviene in pratica un autore che contenga anche il primo: un metautore.

Un metautore è un autore che si sviluppa all'interno della poetica d'un altro, inglobandola e quasi completandola, non certo sempre con atteggiamento di mera riproduzione di idee e fatti già esposti, ma anche con la complessità d'un organismo letterario o filosofico che continua e integra un altro, quasi per amore ed umiltà, per amicizia naturale e spontanea, ma anche fiera e orgogliosa di essere il completamento architettonico d'una base essenziale e geniale.

Quando si conservi l’originale di un'opera, come in larga parte della poesia epica, o in parte della poesia comica, in caso di iterazione di episodi e fatti si tratta non di sostituzione d’una voce ad un’altra, come fra maestri e discepoli, ma di emulazione rituale che si estrinseca in sede tematica e stilistica.

Quando non interessi anche la weltanshauung, la visione della vita, la poetica.

Il concetto quindi di relazione concerne quei rapporti di dipendenza ideale, ma anche pratica e stilistica che legano a livello espressivo e culturale i poeti, gli scrittori, i parlanti tutti.

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Oltre la cortina della solitudine, la cecità sapiente di Omero, che narra e concilia èpos e klèos, e la follia inconsapevole di Edipo, che discerne e distingue felicità e dolore, sta la parola, che lega e separa, parola che vivifica con simboli e suoni e racconto che concilia.
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E come suonano adatte le parole di Seneca, quando alla madre Elvia ... Consolatio ad Helviam matrem ... scrive dal suo esilio ...

'' ... io invece preferisco por fine al dolore, non ingannarlo ...


... Perciò ti conduco là dove devono rifugiarsi coloro che sfuggono alla cattiva sorte: agli studi letterari ... ''

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E ricordiamo, a proposito dell' effetto 'terapeutico' della letteratura, quando non sia essa stessa se male praticata fonte di pensieri ansiogeni, conosciuto assai prima delle esegesi e delle pratiche freudiane, junghiane ed in generale psico\terapeutiche, che un tempo quella sala di lettura e consultazione che gli ignari ritengono sonnolenta e noiosa, e che viene chiamata 'biblioteca', si definiva ... hè tès psykhès iatrèja ... luogo che guarisce e cura l'anima ...

Al giorno d'oggi questo termine, nella parola psichiatria ... psikiatrìa, persa la sua valenza semantica ed epistemologica, indica correntemente e forsitan riduttivamente la specializzazione medica che tratta terapeuticamente e studia gnoseologicamente patologie più gravi della malincolìa o dell'entusiasmo letterario, o del romanticismo esasperato, oppure del decadentismo collateralmente esteso alla sensibilità individuale da una analisi troppo intensa del contesto.

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Diciamo che gli Antichi, come li chiama Giovan Battista Vico, pur nell'apparente e barbarica violenza di certe loro abitudini, avevano un rispetto sacrale per la mente dei saggi ed un altrettanto pudore misto a venerazione per la mente di chi pare rapito da vaneggiamenti di profezie o di fobie ai più misteriose.

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Cassandra e Laocoonte parevano folli, eppure, se fossero stati ascoltati, Ilio non sarebbe stata bruciata in una notte di violenza e di inganno.

La stessa sacerdotessa di Apollo, la Pizia, dal nome del serpente, con il Lupo, il cui nome significa 'luce', sacro a Febo, Dio della Luce, della Sapienza e della Conoscenza, era una invasata, una ... entusiasta, che significa 'posseduta da un Dio', che ben poco avrebbe realizzato in termini di successo contestuale in un ambito socialmente 'normale'.

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Quanto poi al termine 'normale', significa ... conforme alla norma.
Ma cho può dirsi praticamente perfetto, tanto da essere conforme alla norma, ossia a tutte le norme umane, morali, politiche, anomali e divine?


Eppure, nella nostra lingua 'normale' vuol dire solo 'comune', 'ordinario', consueto.

Non è forse considerato folle da noi proprio chi vuole seguire tutte le norme?

Ossia il 'normale' per antonomasia ... ?

Vediamo bene che spesso il linguaggio è ingannevole, e diceva bene quel filosofo che affermò che un tempo, quando la trasgressione sarebbe divenuta una moda imperante, una regola e una legge, chi avesse seguito le leggi sarebbe stato tenuto per pazzo e delinquente ...

Quel filosofo, forsitan il Padre genetico della analisi introspettiva spinta fino all'incontro con la follìa stessa, come in un Labirindo oscuro accadde a Teseo con il Minotauro, moderno Dedalo ed Icaro dalle ali fragili ammorbidite dal Sole, era
Friedrich Nietzsche, che mai, come ci fa capire Giorgio Colli, è stato imparentato con i totalitarismi, ma con la Luce di Apollo e il guizzo estemporaneo di Dioniso.


Averli frequentati entranbi, Notte e Sole, genialità e inconsapevolezza può aver generato il frutto amaro del suo Dolore.

Non c'è forse festa senza crudeltà, ed anche il dolore ha in sé
qualcosa di festivo ...

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La follia era considerata, quando non era portatrice di dolore e di violenza, come quella di Medea, che uccise i figli avuti da Giasone, per punirlo con ferocia inaudita, uno stato contestualmente collaterale alla normalità della ragione, quindi.

E non dimentichiamo che lo stesso Freud affermava che sono proprio le persone 'normali' ad ... aver bisogno di cure psicanalitiche.

Era forsitan un modo per tradurre in termini di moderna democrazia il famoso ... '''medice ... cura te ipsum ... '''

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Ma, per tornare a noi, una relazione scolastica non è solo avvertire le ‘corrispondenze’ che Foscolo o Baudelaire coglievano fra gli elementi dell’universo.


Relazione o commento


Occorre, per redigere un commento, una relazione su una poesia, un brano di letteratura, un’opera più ampia come una tragedia, una commedia, un poema, leggere molto attentamente l’opera, cercando di cogliere i vari piani del racconto, per comprendere quale sia il livello dei fatti e quello delle idee.

Questo è importante, perché sviluppa la capacità di riconoscere le varie funzioni del linguaggio, nonché di separare decisamente l’espressione che tende all’informazione e alla storiografia da quella che tende alla espressione emotiva ed alla lirica, con tutti i passaggi intermedi.

È interessante distinguere, quindi, come un Autore scelga determinate persone del verbo, legate al piano del racconto, per differenziare una visione soggettiva (lirica) da una oggettiva (storiografica), usando la prima o la terza persona del verbo.

Un contatto diretto fra personaggi o fra Autore/mittente e lettore/ destinatario è dato dalla seconda persona, che consente approcci esortativi o fàtici.

A tale proposito valgono le essenziali organografie di Jakobson su fattori del messaggio e funzioni linguistiche.
Dallo stile partono indicazioni che mi spiegano aspetti sostanziali.
E viceversa.

È come se dalla luce di una stella, lontana anni luce e forse non più esistente – giacché la luce delle stelle è la loro ‘letteratura’, il loro messaggio capace di viaggiare per anni anche dopo l’esplosione o l’implosione dell’astro – noi fossimo capaci di rilevare conoscenze sulla sua conformazione.
Così dal comportamento espressivo dei personaggi dobbiamo rilevare informazioni etiche, sociali, politiche.

E questo è il campo più propriamente riservato agli approfondimenti tematici.

Una volta che, letto Edipo Re, ne ho brevemente narrato la vicenda in una parafrasi, una sintesi, un riassunto insomma, passo, senza che il lettore colga fratture, a parlare delle idee, dei temi che rilevo nell’opera.

Se ho letto attentamente l’opera, le letture antologiche e critiche e se ho una minima sì sensibilità personale, riuscirò ad individuare nel dolore dell’abbandono subìto, nella destrezza a sciogliere enigmi provenienti dalla sfera di Apollo, nell’ignoranza della propria storia, nella violenza imposta al viandante di cui nemmeno sa il nome, nella conquista del potere ottenuto come in una favola e della rovinosa autopunizione l’attualissima tematica edipica, cui non va tolto un eventuale approccio alla complessa analisi freudiana.

Naturalmente...


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... qui studet optatam cursu contingere metam...


qui studet optatam cursu contingere metam,
multa tulit fecitque puer, sudavit et alsit...


... il giovane che progetta di raggiungere di corsa il traguardo, deve sopportare ogni avversità, sia il caldo che il freddo ...

non si ottiene nulla senza un duro allenamento e solo con l’improvvisazione.

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Le osservazioni sullo stile possono essere relative a brani scelti dal lettore.

Leggendo, si annoteranno figure retoriche interessanti.


Strutture paratattiche, ipotattiche e
Funzioni linguistiche

La funzione informativa, propria del parlare di questioni oggettive, quella espressiva, legatissima al mittente e tipica dell’espressione del soggettivo, quella fàtica, quando nel messaggio si cerca il contatto comunicativo, la poetica, se la cura fondamentale è nella ricercatezza del’uso del linguaggio, la metalinguistica, se con la parola si parla del linguaggio stesso, e infine la esortativa, presente nel messaggio che richiama eticamente il destinatario.

Carissimo, perdona la mia imprudenza: non chiedo troppo se invoco il tuo pnèuma, la tua Anima, nella speranza che una qualche energia divina, thèia manìa, non priva della necessaria tecnica espressiva, tèkne, opportunamente illumini i moderni, come un tempo illuminò il sommo fra i discepoli, Platone di Atene.

Abbiti un forte saluto.

PS
... e non dimenticare le basi dell'estetica che chiamo contestuale e che Tu stesso hai contribuito a formulare:

poesia epica
didascalica
lirica
drammatica
storiografica
filosofica

§

legata alla considerazione del contesto
ovvero delle realtà ambienti ...

ambiente completo
imminente
proiettato
attualizzato
inattuale

con la corretta analisi delle determinazioni e dei riferimenti denotativi, conseguenti alle osservazioni contestuali dei ...

temi e idee / piano connotativo

fatti / gesti / persone e personaggi /

... idee /
temi originali in opera e correlati
per affinità ed analogia in opere
diacronicamente successive o
sincronicamente coeve / piano denotativo


§§

§

Infine si effettueranno le ndicazioni sulle modalità dello stile e loro corrispondenza con argo/menti, temi e idee: po/ètica
secondo queste indicazioni ...

tendenze paratattiche e ipotattiche

funzioni linguistiche determinate dalle finalità intenzionali dei personaggi e dalla loro posizione di accettazione o rinuncia di una o delle / realtà, ovvero di rinuncia e cambiamento o di accettazione impegnata o evasiva.

Uso della figura retorica e del tòpos...ovvero del leit motiv.


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Platone

Se nella vita vi succederà di ritrovarvi schiavi, con le catene, poi magari trasformati in computers ante litteram, al fine della buona amministrazione della familia, dell'istruzione dei 'pueri', o in gladiatori, o rematori sulle galeae, o in qualcosa di assimilato, pensate, se avete manie di grandezza, a Ben Hur.

Oppure, se siete dei letterati più o meno apprezzati, parola che del resto deriva da 'prezzo', pensate a lui, all'ateniese aristocratico ma amico cordiale e sapiente d'ogni cittadino, al filosofo che per le spalle larghe era chiamato Platone.

Fra le esperienze che ebbe, vi fu anche quella della schiavitù, e non è disdicevole pensare che proprio la democrazia tanto amata e decantata di stampo ateniese portarono Socrate, il filosofo della ricerca in se stessi d'ogni seme di sapienza, alla condanna a morte e Platone alla perdita temporanea della libertà, così cara ai Greci.

Mentre scrivo, il pensiero va al Fedro, ove Platone traccia una interpretazione dell'anima umana vicinissima a quella attuale.
Un cavallo nero, le passioni e le pulsioni, i desideri e gli appetiti, tira impetuosamente un cocchio insieme ad un destriero bianco, che raffigura il lògos, la capacità di progettare e misurare obiettivi e forze.

L'auriga cerca di dominare l'irruenza del cavallo nero e di assecondare la docilità del cavallo bianco.

Il cavallo bianco è capace di imparare dietro qualche insegnamento, è docile, da doceo, insegno.

Ma il comportamento del cavallo nero rischia di rendere pericoloso o almeno rischioso il viaggio.

Compito della filosofia è comprendere e conoscere, della matematica arrivare all'essenza numerica della conoscenza, dell'arte sublimare ed eternare universalizzandole le emozioni e le sensazioni.
Tutte queste cose sono dirette splendidamente al cavallo bianco, all'anima logica.

E per il cavallo nero, chi si ingegnerà ad escogitare un filo per uscire dal labirinto delle emozioni tumultuose ed incamminarsi in sereno sentiero?

In realtà, sembra strano se non stravagante, è proprio l'universo caotico di questo cavallo a generare la materia prima, l'energia e la spinta dell'attività epistemica dell'uomo nella sua interezza.
E' per domare gli impulsi formidabili del suo ego che la tempesta da lui contenuta genera l'arte e la folosofia, madre d'ogni conoscenza, d'ogni sapere.

Per Platone l'arte nasce da una scintilla divina, la thèia manìa, che genera l'ispirazione, ma queste sarebbero vane senza la tèkne, la tecnica sapiente dell'artefice, dello scrittore.

Anche la tèkne sarebbe nulla senza il momento della follìa divina che soggioga il poeta, che come un indovino, un sacerdote di Apollo si sente preso, invasato, e parla esprimendo un messaggio che è in parte sua invenzione, in parte energia e motivazione che viene da un Dìo.

Follia, sì, ma follia quale esuberante energia conoscitiva e creativa, capace di trasmettere conoscenza, tecnica, ma tecnica che nasce dopo un impulso divino.

Ossia qualcosa di razionale, di logico che lavora su un terreno illogico, irrazionale, praticamente sulla follia.

Il tema della follia non era estraneo alla cultura primigenia della terra di Ellade.

Il mito, nato in tempi remoti, forse con il ragionamento stesso, era il racconto, e quindi presupponeva l'esistenza della parola, del lògos, che per i greci era ragione, ma anche parola.

L'epos era il racconto anche poetico, solenne delle gesta degne di klèos, di fama.


Era il klèos che gli eroi volevano, non altro. Ed il cantore, aèdo o rapsòdo, poteva dare klèos.

Il mito non era però il semplice e puro racconto.

Era il racconto che nasceva da un eroe, da un dio, da una situazione particolarmente ed iterativamente incisiva.

Il mito trasformava quel dio\eroe\situazione in un monito, un didàskalos èpos, un raccontare edificante ed educativo, tanto che con il tempo diveniva indipendente ed autonomo rispetto ad esso.


La parola


Epos, mythos e lògos.

Ma siamo proprio sicuri che la parola sia un attributo assolutamente 'umano'?

Nella Bibbia, intesa come uno dei più antichi documenti riguardanti le vicende umane, un serpente parla ad Eva.
Ed Eva gli risponde, a dire il vero con qualche rischio, persino.
Come poteva mai, sia pure nella finctio phàbulae, nella finzione del racconto fantastico, la prima donna già parlare e addirittura fare la stessa cosa un rettile?

In effetti, tutte le cose, gli animali, le piante 'parlano', hanno un proprio linguaggio, diverso, lontano nella tecnica e nella forma, ma pur sempre un linguaggio.
Parlare vuol dire esprimere un'emozione, un'idea, un concetto non necessariamente con un sistema complesso e strutturato come quello linguistico che Sausurre ci va spiegando con le sue teorie su langue e parole.

Per questo motivo, potremmo sospettare che il linguaggio sia in effetti sempre esistito, il linguaggio universale, visto che la memoria umana di per sé applica alla conoscenza le tecniche del linguaggio ordinario, trasformando un oggetto, una persona, un'idea in un'entità impalpabile grafica e fonica paragonabile ad un nucleo simbolico astratto.

Quando è nato il linguaggio come noi lo intendiamo, con suoni e parole, successivamente ordinati grammaticalmente e sintatticamente, è stato perché qualcuno ha intenzionalmente legato dei suoni a certi significati ed ha convinto altri a fare altrettanto rispettando suoni omologhi corrispondenti a significati analoghi.

Opera naturale è ch'uom favella
ma così o così natura lascia
poi fare a voi secondo che v'abbella...
...


Dante intuisce la naturalezza della diversità e dell'arbitrio linguistici ben prima di Sausurre.

Se non esistesse una capacità universale di comunicare, come farebbe il neonato a far capire così bene certe sue esigenze, e le piante a comunicarci sensazioni ed emozioni, ed il Sole a renderci note certe transitorie atmosfere della giornata?


Ideogrammi della Mesopotamia


Ma poi un giorno alcuni mercanti della Mesopotamia che avevano l'esigenza di controllare le merci escogitano un gruppo di segni dei quali si serviranno per catalogare i pezzi e le unità di derrata.

E da quell'espediente è nato l'alfabeto greco, figlio del fenicio, e quello cumano, etrusco, osco, romano, cirillico...

La Legge della Casa - Oikos nomos

Economia.

Legge della casa.

Dalla legge per la sopravvivenza della casa è nato il concetto di scambio e di commercio.

Dal commercio è nato lo strumento linguistico attuale, il sistema comunicativo per antonomasia: l'alpha\bèto.

Tutto quanto Omero compose, lo compose a memoria.

E' probabile che non conoscesse l'alfabeto.

Nella sua mente la dea Mnemosyne, Memoria, agiva come se esistesse un sistema di scrittura universale, utile alla poesia, non ancora letteratura.

Omero era cieco.

Sembra incredibile, ma se per sua sventura vivesse oggi, non potrebbe insegnare Greco in un nostro semplice Ginnasio.
Per legge. Perché da noi i ciechi ... non possono insegnare greco.
Il creatore della letteratura non conosceva alfabeto, probabilmente si stava diffondendo nel mondo ellenico proprio ai suoi tempi, creava con la Mente e pur essendo il Padre dei Poeti, nel nostro paese avrebbe fatto un mestiere diverso dall'insegnare lettere greche.

E' anche probabile che, conosciuto l'alfabeto ideato dai fenici, sia stato fra i diffusori, in qualche modo, dello stesso, o fra i primi utenti.

Possiamo immaginarlo, non ancora cieco, intento a combattere con quei segnetti su grossi fogli di papiro in una casa di Smirne, visto che praticava l'Asia minore più che le contrade contigue ai regni di Micene, Argo o Tirinto.

'Ma Platone dice altro nella Repubblica, a proposito dell'Arte, della Poesia.

E' inutile nella po'lis il poeta frivolo, quello che nelle sue opere non insegna, non mostra, non ammonisce.
Ecco farsi avanti nel pensatore greco l'aspetto, se non proprio commerciale, in buona parte 'politico', civile, utilitaristico ed utilitaristico della cultura, dell'arte.
Arte e Pòlis da Platone a Gramsci

Si direbbe anticipato il concetto gramsciano di calligrafismo e contenutismo e la distinzione fra un intellettuale figlio della sua classe sociale, al suo servizio, organico, ed uno invece tradizionale, disimpegnato o meno, a seconda delle opportune convenienze.

E' divenuto famoso il termine 'crociano' per indicare l'atteggiamento dell'intellettuale per nulla compromesso con aspetti e problemi di struttura, pratici, materiali, in quanto per Benedetto Croce la Poesia, l'Arte, non si deve confondere con il pratico, ma deve seguire il senso dell'intuizione e della contemplazione estetica.

Poesia e struttura, appunto, sono i binari dell'arte\poesia.
E' struttura tutto quanto si versa nel mare della materia: economia, storia.

E' poesia quanto, sempre che abbia a che fare con la trasmissione della conoscenza, tende ad interessarsi delle verità più astratte e sublimi.

All'interno della poesia stessa è possibile vedere in opera questa dicotomia.

La teoria platonica della utilità dell'arte fu ripresa e sviluppata da un suo allievo: Aristotele.

Nella Poetica questo grande studioso formula la teoria suggestiva della natura terapeutica dell'arte in generale, del teatro e più specificatamente tragico in particolare.


Càtharsis

Assistendo allo spettacolo tragico lo spettatoreche sia incline alla commozione viene spinto a rinunciare agli eventuali atteggiamenti pericolosamente irrazionali e passionali della vita sua precedente ed a intraprendere un itinerario di vita più retto e cònsono alle convenzioni della po'lis, al contesto ambiente.

E' la teoria della natura catartica delteatro tragico e dell' Arte in generale.

L'arte quindi, la Poesia, non sarebbero attività in sé e per sé, ludiche in senso limitato e restrittivo, edonistiche, capaci solo di distrarre dai problemi, ma assumerebbero un vero ruolo politico e sociale quali fattori catastematici, ossia rasserenatori, come sarebbero stati definiti successivamente dagli epicurei i piaceri non dannosi, o catartici, purificatori delle coscienze e capaci di migliorare i comportamenti sociali.


La metriòtes e il piacere catastematico

La metriòtes, la misura, la temperanza, il 'modus in rebus' di Quinto Orazio Flacco e degli Epicurei, epicurea, era la virtù precipua per Aristotele, e lo sarà per gli allievi di Epicuro.

Attraverso la moderazione, da cui l'est modus in rebus di Orazio, appunto, si ottiene quella vita serena, priva di eccessi e dei fastidi anche gravi che ne conseguono, praticando appunto quelle attività gradevoli ed utili che sono definibili come catastematiche, ossia capaci di rasserenare.

Il piacere deve essere appunto 'catastematico' se non vogliamo che da esso scaturiscano complicazioni anche dolorose.



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Estetica contestuale
seconda parte


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... Argos
o kyon
talasifronos Odysseos ...


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Indeks ...

1 Platone
2 Aristotele
3 Nomina sunt consequentia rerum
4 Apollo e Dioniso
5 la metriòtes aristotelica
5.1 Ottaviano e Mecenate:
Arte potere e consenso contestuale
6 Quinto Orazio Flacco
6.1 contestualità dell' Arte


Platone

... Se per la costruzione delle basi del pensiero filosofico Socrate fu il raziocinatore che in giro per Atene dialogava con i Giovani, affidando al lògos, parola discorso e ragionamento, la sua ricerca del vero, Platone fu l'Alunno per antonomasia che ricorda e sistema l'opera del suo Maestro, cocciuto e coraggioso tanto da farsi uccidere dalla sua Pòlis, pur di restare fedele alla sua onestà epistemologica.

Cosa c'è di Platone in Platone?

E di Socrate cosa c'è in Platone?


Ogni insegnante dubita, a volte, che l'insegnamento esista veramente.

Non esiste certo in quanto passivo deporre informazioni nella testa dei discepoli.

Non esiste in quanto supino e prono travasare dati e impulsi sonori e trasmetterli come da un microfono ad un amplificatore.

L'insegnamento è la faccia criptata dell'apprendimento.

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Un maestro è grande quando scompare nel discepolo, in qualche modo qualunque esso sia, volontariamente o meno, quando viene avvolto dalla nebbia della dimenticanza e riesce a rivivere nella mente e nell'anima dell'Alunno senza che questo neppure lo sappia.

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Certo.

Solamente quello che è veramente importante si dimentica, molto spesso, perché si possiede pienamente.

Si ricorda la scoria, il superfluo, tutto quello che ci impegna e ci mette in ansia.

Platone è Socrate, ne fa rivivere l'essenza, ricordandolo e citandolo sempre nelle sue opere, facendone l'eroe protagonista, come su un palcoscenico che vede le strade di Atene e le sue case, le sue piazze, i vicoli senza sole ed il Partenone trasformate in un palcoscenico senza legno e senza pubblico, con attori che sono il Didàskalos con i Suoi Alunni.

E Alunno di Platone fu un altro intelletto eccellente.


Aristotele

Se Platone dovette sistemare come un poeta, come uno scrittore sublime d'una prosa musicalissima il pensiero di Socrate sugli universali, sulle categorie, ricavandone la teoria delle idee, dell'iperuranio, e aggiungendo di suo probabilmente le teorie estetiche sull'Arte figlia dell'irrazionale e della tèkhne, come se si trattasse alla fine di rivelare la natura profonda, bipolare, ut ita dicam, della Poesia, dell'Arte, del linguaggio, della natura umana ed animale stessa.

Del resto, il mito greco, così splendidamente interpretato da tanti scrittori e poeti, basta pensare al Foscolo, a Cesare Pavese, e da tanti filosofi e sociologi, come Giorgio Colli, Karolj Kerenij, Gustav Jung, dallo stesso Sigmund Freud, che tanto prese da Sofocle e da altri Autori ellemici, massimamente dai tragici, aveva descritto l'universo come un miscuglio di khaos e di kòsmos.

Dall'avvicendarsi di queste due forze poderose, fuori e dentro l'uomo, nasce il lògos, si realizza la poesia e l'arte.

Ma non avrebbe senso il concetto di cosmo se non ci fosse il khaos.

E non si intenda il termine kòsmos come ovvia metafora del bene ed il khaos come indicatore simbolico del male.

Khaos era come è l'nsieme coesistente delle sostanze in una indistinta materia e Kòsmos il suo distinguersi in organismi ed elementi riconoscibili nella loro individualità.

Così le tenebre e la luce, contrapposte nella religione antica e moderna, indicano il mondo dell'origine e la chiarezza dell'esistene nel presente.

In effetti nell'universo il nero predomina e la luce non è che prerogativa di uno sparuto grappolo di stelle che si autoconsumano e che non dureranno che un limitato e breve tempo.

La luce non è solo virtù delle splendide stelle, quindi.
Fulsere quondam candidi tibi soles... ... cantava Gaio Valerio Catullo.


Si direbbe che in effetti la luce sia idipendente dalle nostre capacità ottiche, che sia percepibile anche nel sonno, nel buio della notte più scura, che sia nera.

E che il nero non sia sinonimo di oscurità assoluta.
Ciò che chiamiamo luce dopotutto è solo l'effetto di certe radiazioni nel nostro apparato sensitivo.

Quindi interpretare il kòsmos come 'ordine positivo' ed il khaos come 'disordine negativo' è piuttosto semplicistico, visto anche che dal khaos nasce in genere l'ordine, mentre dal kòsmos spesso si precipita nel Khaos, che in greco per questo voleva dire anche baratro della materia.

Questo bipolarismo universale e cosmico, nemmeno troppo alternante, in quanto l'avvicendarsi degli estremi, che potevano riflettersi nelle personalità di Apollo e Dioniso, erano legati a fattori imponderabili e imprevedibili, portava a quello stato momentaneo, a volte anche duraturo, che era il lògos.

Se del resto l'universo procede secondo leggi che non sembrano affatto tali, ma vincoli naturali, spesso smentiti, l'esistenza dell'uomo oscilla nella rappresentazione della parte del figlio degli dèi, da salvare, e del figliastro ribelle, dedito ad ogni sorta di sopruso.

Può davvero l'uomo distruggere la terra, suo piccolo angolo e rifugio?

O non è solo altro che, lui stesso, una delle tante invenzioni della Natura che non esclude di escogitare anche forze distruttive capaci di provocare solo guai a sé ed ai simili?

La Terra vittima dell' uomo, o paradossalmente il laboratorio in cui l'uomo mette alla prova se stesso e i suoi simili, in una specie di esperimento assolutamente controllato e 'naturale', in quanto si tratta di esseri inventati e fabbricati da quella forza caotico cosmica che chiamiamo 'natura'?

Aristotele dovette dare una impostazione e un ordine pratico e tassonomico al castello complesso e variamente articolato nato dalla ricerca etica, matematica, umanistica ed estetica di Socrate e Platone.

Ne attutì l'impostazione idealistica, la provvide d'una ossatura organizzativa pratica, operativa e quando ebbe escogitato il suo sistema di categorie, classi e definizioni, passò alla poesia, all'arte.

Nella Poetica tracciò la sua teoria estetica, che tanto è ancora efficace da avere influenzato non tanto le teorie dell'arte, ma anche quelle, più materialistiche e pragmatiche, della politica e dell'economia.

Ma attenzione, che la parola economia ha come significato letterale legge della casa.

Non dovrebbe interessarsi quindi, l'attività che ne deriva, solo, come si pensa, di mercati e scambi, conti e valuta, debiti e crediti.

Quando l'economia è questo e solo questo, la società tende a bruciare le risorse danneggiando le prospettive future.

Questo avviene sempre quando le parole vengono fraintese, quando si instaura un linguaggio approssimativo e dozzinale.

Dire fico al fico, dicevano i greci, è consigliabile sempre.

Ecco, noi da qualche tempo usiamo il termine 'tassa' al posto di 'imposta'.

E' veramente stranissimo, ma lo facciamo nonostante le biblioteche, i licei, i forum.

Così facciamo per tutto il resto delle parole.

Usiamo inutili metafore, esageriamo con la retorica, rubiamo il mestiere a scrittori, rètori e poeti.

Certo che poi ... carmina non dant panem ...

Se noi ci buttiamo sul ... panem et circenses ...


Nomina sunt consequentia rerum

Ma anche

... res sunt consequentia nominum...

Ebbene, quando Aristotele affrontò il dilemma della finalità dell'arte, tema che gli stava molto a cuore, visto il suo pragmatismo, dopo averne descritto tutte le possibili realizzazioni, i vari generi poetici, giunse ad esaminare la tragedia, ossia quella forma d'arte e di letteratura, di poasia, che era passata dalla natura di semplice produzione letteraria, prorpia dei testi in genere, ad un assetto dialogato, parlato in presenza d'un pubblico presente e vivo.

Era dovere dei cittadini assistere alle rappresentazioni tragiche, il cui dio era Dioniso, il dio del presente, dell'azione improvvisa, estemporanea, per quanto meditata o preparata sotto l'influsso di Apollo, dio della conoscenza, della luce, della profezia di qualsiasi genere.


Apollo e Dioniso

Dioniso metafora e personificazione idealizzata del presente e Apollo del futuro.

A questo proposito Aristotele elaborò una teoria d'un pragmatismo insuperabile.

Quando uno spettatore facile alla commozione, e quindi predisposto ad un mutamento interiore, assite alla rappresentazione d'una tragedia, resta colpito dalla violenza del contesto scenico e rappresentativo, descritto non da fatti o gesti, ma dalle dalle parole, e solo da e con esse, nella tragedia greca.

In seguito, in lui si sviluppa un processo catartico, che lo induce ad una specie di purificazione da tutto quando si assembra e rassomiglia a quello che lo ha sconvolto a teatro.

E' chiaro che quando si parla di tragedia, si intende in modo globale e figurata tutta l'arte.

Ma la catastrofe, che non era altro ed altro non è che l'ultima parte del dramma tragico, e che significa il momento del cadere, del risolversi nell' atto finale, evidentemente nel caso specifico del teatro di eventi drammatici rappresentati dagli attori sulla scena, assurge a paradigma d'ogni forma d'arte, se questa può commuovere, e non sempre, e redimere, cambiare e non solo descrivere e rappresentare contestualmente la nostra realtà globale, intima ed esterna, lirico soggettiva e pratico storica.

L'arte tutta dunque è catartica.

Ma attenzione.

Non si salvano tutti.

Solamente quelli predisposti in quanto facili alla commozione.

Questa è la funzione che Aristotele attribuisce alla tragedia, e quindi all' Arte in diverse misure.

Evidentemente, la poesia può avere una funzione sociale e politica condizionata e condizionante, strumentalizzabile, come evidentemente si sapeva prima e come si è imparato a conoscere forse anche meglio in seguito.

la metriòtes aristotelica

Il concetto dell' utilità dell'arte e della poesia, della funzione sociale dei poeti, della loto collocazione attiva nella po'lis, fu trasmesso da Aristotele agli stoici ed agli epicurei.

Di Epicuro sappiamo molto, ma quel poco che si è trasmesso grazie alla maldicenza ha quasi offuscato la importanza del suo pensiero.

Evitare i piaceri, vivere appartati, non esporsi ai rischi della fortuna in politica ed in economia, coltivare la moderazione e prediligere l'amicizia, rifuggendo dalle passioni specie d'amore, dagli eccessi d'ogni genere.

La metriòtes, la misura nella vita e nelle esperienze d'ogni genere, era un'idea sempre di Aristotele.

Ottaviano e Mecenate:
Arte potere e consenso contestuale


Fu ripresa in pieno da Epicuro e dai suoi seguaci, fino ad arrivare, ai tempi di Cesare Ottaviano, alla celebre frase ... est modus in rebus, di Orazio.

Proprio Quinto Orazio Flacco, il poeta ufficiale, insieme a Publio Virgilio Marone, di Ottaviano nel tempo della celebrazione delle vittorie di Roma su nemici interni, come i cesaricidi, e su avversari alleati con principati stranieri, come Marco Antonio e l'Egitto di Cleopatra, riprende in una sua satira il tema della funzione, del ruolo dell'arte.

E partendo dalla teoria platonico aristotelica sviluppa il pensiero di Epicuro a riguardo.

Il poeta non deve fuggire dalle esigenze e dalle necessità della società in cui vive, ma deve realizzare un tipo di espressione letteraria che serva alla critica, ove necessario, dei vizi, alla sollecitazione delle coscienze verso un miglioramento politico della società e umano in genere dei cittadini.

Quinto Orazio Flacco

Orazio, apulus an lucanus, non è per la cosiddetta ... ars gratia artis... ossia per un'Arte fine a se stessa, paga e soddisfatta dei suoi meri esercizi estetici.

Anche questi occorrono all'artista, perché la forma, lo stile, sono essenziali per la poesia, ma la sostanza deve essere in definitiva l'utilità del discorso letterario e poetico.

Perfezione stilistica, assiduo ... labor limae, forza nei temi, coraggio nello scrivere, ma tutto questo senza gli eccessi di Lucilio, poeta satirico impetuoso e quindi anche frettoloso nello scrivere, come dice Orazio, che invece raccomanda componimenti brevi, da limare, direbbe Gaio Valerio Catullo, come una pergamena, con la pietra pomice, con un continuo ... labor limae, appunto.

Epicureo ... porcus ex grege Epicuri ... come si definisce lui stesso scherzosamente e con grande rispetto per il mondo degli Animali, Orazio collega la grande tradizione filosofica greca alla filosofia successiva che avrebbe rappresentato e fornito il modus vivendi a numerosi scrittori, politici e intellettuali fino a Marco Aurelio, anche lui epicureo, e ad Adriano, per citare i più noti.

contestualità dell' Arte

Con Orazio, la teoria estetica platonica sulla contestualità dell'artista e dello scrittore assume la sua veste più completa e più adatta alla necessità di conciliare il piacere dato dalla lettura, dal teatro, dalla visione dei manufatti artistici con l'impegno sociale, sentito sempre come dovere impellente, fin dai tempi dei fratelli Gracchi, Gaio e Tiberio, vittime di un impegno sociale sentito come primario.

Per Orazio la poesia è un'attività da artefice, da facitore di parole e di pensieri, nonché di proposte etiche e comportamentali, insomma da poeta, ossia da filosofo e da artigiano che inventa con fantasia e realismo una serie di situazioni letterarie, estetiche e teatrali in cui va essenzialmente curata la forma, sostanza stessa dell' Arte, e reso degno e valido il contenuto e da scrivere e produrre in un contesto che può essere di conseguenza, mediatamente se non immediatamente, cambiato, accettato o anche in parte o del tutto ricusato.

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