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giovedì 18 ottobre 2007

Estetica contestuale





















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riferimenti bibliografici
confer ...:

Cenni sulla Linguistica
Alla Bottega
via Plinio 38 Milano
saggio dedicato al Professore
Arnaldo Corrieri
e ai miei Alunni del Ginnasio

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Cos'è l'estetica contestuale?

Se per estetica intendiamo quella parte della filosofia che si interessa della percezione, della considerazione dell'aspetto esteriore, per 'estetica contestuale' vorremo intendere quel tipo di estetica che considera la percezione, e lo studio di essa finalizzato all'arte, come qualcosa non di isolato, ma di profondamente connesso con l'ambiente, con il contesto.

Tutto e nulla, tutto e oltre il nulla, ma comunque pur meno del nulla, una specie di nulla che urge alla forma inizia con una specie di lettera impossibile e improbabile che un insegnante di retorica, grammatica e linguistica scrive a Socrate, che pure non amava la scrittura.

Socrate è l'iniziatore del moderno, che pure dura tuttora da migliaia di anni e che del resto esisteva anche nella 'preistoria'.

Con Socrate e Platone ha inizio l'estetica storica, logica, socratica appunto.

Con Aristotele tocca limiti oltre i quali vagano le avanguardie alla ricerca d'una pur sempre improbabile ma possibile Itaca.


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Lettera a Socrate


da ...Etarkos


Carissimo,

il poeta è cosa leggera, alata, sacra ... e non sa creare prima di essere posseduto da un Dio, né prima di aver perso il possesso di se stesso e di essere fuori della propria semplice individualità.



Ti sto scrivendo con le tue stesse parole.
Con quelle di Platone.

Tu non amavi scrivere.
Un libro, se interrogato, tace.
Dicevi.

Un uomo invece ti risponde, in modo sempre imprevedibile.

Contraddittorio, anche.

Sono passati tanti anni da quel processo che ti vide condannato a quella micidiale pozione, ma dopo tanto tempo non ti abbiamo dimenticato, e forse neppure capito.
Perdonaci.

Forse è vero che solo quello che è veramente importante si dimentica, e invece si ricorda la scoria e il superfluo.

E tuttavia, lasciami credere che nella dimensione che circonda la solitudine abbia un qualche valore catastematico, rasserenatore, la parola d’un Uomo che non amava gli scritti una volta che sia stata redatta dal più geniale dei suoi discepoli.

Un destino condiviso da pochi.

Da Dio, che ebbe in altri redattori la propagazione della sua Parola.

Mio caro Socrate, ti scrivo proprio perché solo tu puoi comprendere la difficoltà cui va incontro chiunque, spinto dalla necessità della vita, o da qualche accidente imprevedibile, oppure dall’ispirazione stessa di un Dio o infine da condizionamenti letterari connessi con l’esigenza dell’apprendimento, sia costretto o sia invogliato a scrivere.

Scrivere.

Anch’io ho degli alunni.

E mi hanno detto: puoi spiegarci ancora come svolgere una relazione?


Una relazione.

Così ho pensato di rivolgermi a Te.

Non che pretenda una risposta scritta.
No.

Ma soltanto l’idea di chiederti qualcosa, sono sicuro che mi aiuterà.

Adesso provo a precisare quale sia la questione.


Scrittura mediata e scrittura immediata

Tu hai presente cosa ha fatto '''Platone''' con la tua teoria filosofica?

Credo proprio di si.

Qualunque parlante deve prevedere cosa possa fare un ascoltatore qualsiasi, e specialmente un discepolo con le parole prodotte.

Si ha così un rapporto fra mittente e ricevente.

Se quest’ultimo rielabora e presenta le teorie del primo, divenendo a sua volte fonte e punto di riferimento, specie in absentia auctoris, ossia una volta persa la voce stessa dell’autore, allora il secondo diviene in pratica un autore che contenga anche il primo: un metautore.

Quando poi si conservi l’originale, come in larga parte della poesia epica, o in parte della poesia comica, si tratta non di sostituzione d’una voce ad un’altra, come fra maestri e discepoli, ma di emulazione in sede tematica e stilistica.

Quando non interessi anche la weltanshauung, la visione della vita, la poetica.

Il concetto quindi di relazione concerne quei rapporti di dipendenza ideale, ma anche pratica e stilistica che legano a livello espressivo e culturale i poeti, gli scrittori, i parlanti tutti.

Oltre la cortina della solitudine, la cecità di Omero e la follia di Edipo, sta la parola, che lega e separa, parola e racconto, che discerne e concilia.

E come suonano adatte le parole di Seneca, quando alla madre Elvia scrive dal suo esilio ... io invece preferisco por fine al dolore, non ingannarlo.

Perciò ti conduco là dove devono rifugiarsi coloro che sfuggono alla cattiva sorte: agli studi letterari.

Ma una relazione scolastica non è solo avvertire le ‘corrispondenze’ che Foscolo o Baudelaire coglievano fra gli elementi dell’universo.

Occorre, per redigere un commento, una relazione su una poesia, un brano di letteratura, un’opera più ampia come una tragedia, una commedia, un poema, leggere molto attentamente l’opera, cercando di cogliere i vari piani del racconto, per comprendere quale sia il livello dei fatti e quello delle idee.

Questo è importante, perché sviluppa la capacità di riconoscere le varie funzioni del linguaggio, nonché di separare decisamente l’espressione che tende all’informazione e alla storiografia da quella che tende alla espressione emotiva ed alla lirica, con tutti i passaggi intermedi.

E’ interessante distinguere, quindi, come un Autore scelga determinate persone del verbo, legate al piano del racconto, per differenziare una visione soggettiva (lirica) da una oggettiva (storiografica), usando la prima o la terza persona del verbo.

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Un contatto diretto fra personaggi o fra autore / mittente e lettore / destinatario è dato dalla seconda persona, che consente approcci esortativi o fàtici.

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A tale proposito valgono le essenziali organografie di Jakobson su fattori della comunicazione e funzioni linguistiche.


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Dallo stile partono indicazioni che mi spiegano aspetti sostanziali.

E viceversa.

E’ come se dalla luce di una stella, lontana anni luce e forse non più esistente – giacché la luce delle stelle è la loro ‘letteratura’, il loro messaggio capace di viaggiare per anni anche dopo l’esplosione o l’implosione dell’astro – noi fossimo capaci di rilevare conoscenze sulla sua conformazione.

Così dal comportamento espressivo dei personaggi dobbiamo rilevare informazioni etiche, sociali, politiche.

E questo è il campo più propriamente riservato agli approfondimenti tematici.

Una volta che, letto Edipo Re, oppure Antigone, o anche qualsiasi altra opera in prosa o in versi, ne ho brevemente narrato la vicenda in una parafrasi, passo, senza che il lettore colga fratture, a parlare delle idee, dei temi che rilevo nell’opera.

Se ho letto attentamente l’opera, le letture antologiche e critiche e se ho una minima sì sensibilità personale, riuscirò ad individuare nel dolore dell’abbandono subìto, nella destrezza a sciogliere enigmi provenienti dalla sfera d’Apollo, nell’ignoranza della propria storia, nella violenza imposta al viandante di cui nemmeno sa il nome, nella conquista del potere ottenuto come in una favola e della rovinosa autopunizione l’attualissima tematica edipica, cui non va tolta la complessa analisi freudiana.


Naturalmente.

qui studet optatam cursu contingere metam, multa tulit fecitque puer, sudavit et alsit...

il giovane che progetta di raggiungere di corsa il traguardo, deve sopportare ogni avversità, sia il caldo che il freddo ...

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E’ una frase che mio Padre mi ripeteva, per dirmi che non si ottiene nulla senza un duro allenamento e solo con l’improvvisazione.

Le osservazioni sullo stile possono essere relative a brani scelti dal lettore.

Leggendo, si annoteranno figure retoriche interessanti.

Strutture paratattiche e ipotattiche.
Funzioni linguistiche.

La funzione informativa, propria del parlare di questioni oggettive, quella espressiva, legatissima al mittente e tipica dell’espressione del soggettivo, quella fàtica, quando nel messaggio si cerca il contatto comunicativo, la poetica, se la cura fondamentale è nella ricercatezza dell’uso del linguaggio, la metalinguistica, se con la parola si parla del linguaggio stesso, e in fine la esortativa, presente nel messaggio che richiama eticamente il destinatario.

Carissimo, perdona la mia imprudenza: non chiedo troppo se invoco il tuo pnèuma, la tua Anima, nella speranza che una qualche energia divina, thèia manìa, non priva della necessaria tecnica espressiva, tèkne, opportunamente illumini i moderni, come un tempo illuminò il sommo fra i discepoli, Platone di Atene.

Abbiti un forte saluto.

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PS ... e non dimenticare le basi dell' estetica che chiamo
contestuale
e che Tu stesso hai contribuito a formulare:

dalla divisione contestuale del componimento ...



poesia ...

epica

didascalica

lirica

drammatica

storiografica

filosofica



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si passa alla determinazione stessa
del contesto
ovvero ... ogni realtà limitrofa ...
che potremmo definire ...

ambiente ...

completo\a

imminente

proiettato\a

attualizzato\a

inattuale


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... per poi definire ...

le determinazioni e i riferimenti denotativi,
conseguenti alle osservazioni contestuali

temi e idee /
piano connotativo


fatti /
gesti /
persone e personaggi /
idee /
temi
piano connotativo


... originali in opera e correlati per affinità ed analogia
in opere diacronicamente successive o sincronicamente coeve.

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Per delimitare poi le conseguenti indicazioni
sulle modalità dello stile e loro corrispondenza
con argo/menti, temi e idee descrivendo la po/ètica.


Secondo canoni certi ...

Tendenze paratattiche e ipotattiche

Funzioni linguistiche determinate dalle finalità intenzionali dei personaggi e dalla loro posizione di accettazione o rinuncia di una o delle / realtà, ovvero di rinuncia e cambiamento o di accettazione impegnata o evasiva.

Uso della figura retorica e del tòpos...ovvero del leit motiv.


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Platone


Se nella vita vi succederà di ritrovarvi schiavi, con le catene, poi magari trasformati in computers ante litteram, al fine della buona amministrazione della familia, dell'istruzione dei 'pueri', o in gladiatori, o rematori sulle galeae, o in qualcosa di assimilato, pensate, se avete manie di grandezza, a Ben Hur.

Oppure, se siete dei letterati più o meno apprezzati, parola che del resto deriva da 'prezzo', pensate a lui, all'ateniese aristocratico ma amico cordiale e sapiente d'ogni cittadino, al filosofo che per le spalle larghe era chiamato Platone.

Fra le esperienze che ebbe, vi fu anche quella della schiavitù, e non è disdicevole pensare che proprio la democrazia tanto amata e decantata di stampo ateniese portarono '''Socrate''', il filosofo della ricerca in se stessi d'ogni seme di sapienza, alla condanna a morte e Platone alla perdita temporanea della libertà, così cara ai Greci.

Mentre scrivo, il pensiero va al Fedro, dialogo ove Platone traccia una interpretazione dell' anima umana vicinissima a quella attuale.

Un cavallo nero, le passioni e le pulsioni, i desideri e gli appetiti, tira impetuosamente un cocchio insieme ad un destriero bianco, che raffigura il lògos, la capacità di progettare e misurare obiettivi e forze.

L'auriga cerca di dominare l'irruenza del cavallo nero e di assecondare la docilità del cavallo bianco.

Il cavallo bianco è capace di imparare dietro qualche insegnamento, è docile, da doceo, insegno.

Ma il comportamento del cavallo nero rischia di rendere pericoloso o almeno rischioso il viaggio.

Compito della filosofia è comprendere e conoscere, della matematica arrivare all'essenza numerica della conoscenza, dell' arte sublimare ed eternare universalizzandole le emozioni e le sensazioni.

Tutte queste cose sono dirette splendidamente al cavallo bianco, all'anima logica.

E per il cavallo nero, chi si ingegnerà ad escogitare un filo per uscire dal labirinto delle emozioni tumultuose ed ... incanalarsi in sereno sentiero (Thomas Dylan)?

In realtà, sembra strano se non stravagante, è proprio l'universo caotico di questo cavallo a generare la materia prima, l'energia e la spinta dell'attività epistemica dell'uomo nella sua interezza.

E' per domare gli impulsi formidabili del suo ego che la tempesta da lui contenuta genera l'arte e la filosofia, madre d'ogni conoscenza, d'ogni sapere.


Per Platone l'arte nasce da una scintilla divina, la thèia manìa, che genera l'ispirazione, ma queste sarebbero vane senza la tèkne, la tecnica sapiente dell'artefice, dello scrittore.



Anche la tèkne sarebbe nulla senza il momento della follìa divina che soggioga il poeta, che come un indovino, un profeta, un sacerdote di Apollo si sente preso, invasato, e parla esprimendo un messaggio che è in parte sua invenzione, in parte energia e motivazione che viene da un Dìo.

Follia, ma follia come inarrestabile mania creativa e capace di trasmettere conoscenza, guidata tuttavia da una sapiente tecnica, tècne e architettura espressiva che nasce dopo un impulso divino.
Ossia qualcosa di razionale, di logico che lavora su un terreno illogico, irrazionale, praticamente sulla follia, ma la follia generatrice e creatrice, mai distruttiva.

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Il tema della follia non era estraneo alla cultura primigenia dell'Ellade.

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Il mito, nato in tempi remoti, forse con il ragionamento stesso, era il racconto, e quindi presupponeva l'esistenza della parola, del lògos, che per i greci era ragione, ma anche parola.

L'epos era il racconto anche poetico, solenne delle gesta degne di klèos, di fama.

Era il klèos che gli eroi volevano, non altro.

Ed il cantore, aèdo o rapsòdo, poteva dare klèos.

Il mito non era però il semplice e puro racconto.


Era il racconto che nasceva da un eroe, da un dio, da una situazione particolarmente ed iterativamente incisiva.

Il mito trasformava quel dio\eroe\situazione in un monito, un didàskalos èpos, un raccontare edificante ed educativo, tanto che con il tempo diveniva indipendente ed autonomo rispetto ad esso.

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La parola.

Ma siamo proprio sicuri che sia un attributo assolutamente 'umano'?

Nella Bibbia un serpente parlava ad Eva.

Ed Eva ... gli rispondeva.

Come poteva la prima donna già parlare e addirittura fare la stessa cosa un rettile?

Non si tratta solo di sogni di affabulatori e di imaginifiche netafore create da poeti e cantori, se non da bugiardi ed abili narratori.

In effetti, tutte le cose, gli animali, le piante 'parlano', hanno un proprio linguaggio, ma pur sempre un linguaggio comunicativo ed efficacissimo.

Parlare vuol dire esprimere un'emozione, un'idea, un concetto non necessariamente con un sistema complesso e strutturato come quello che Sausurre ci va spiegando con le sue teorie linguistiche.

Esprimere paura o coraggio, amore o avversione, queste sono le quattro direzioni della comunicazione d'ogni tipo.
La comunicazione ed il contesto trasformano questi quattro 'messaggi' possibili in gamme senza fine.

Quanto alla comunicazione linguistica, si può supporre che complichi ancora di più le comunicazioni possibili, con i rischi immaginabili, seppure con qualche vantaggio innegabile.

I vocabolari, le grammatice, le miriadi di lingue unite in sistemi dialettalmente affini sono appannaggio dell'uomo, il cui regno è legato alla complessità della carte e della plastica, cose che lui si trascina dietro come una clava per dominare più con la forza che con l'energia.

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Per questo ed altri motivi, potremmo sospettare che il linguaggio sia in effetti sempre esistito, il linguaggio universale, visto che la memoria umana di per sé applica alla conoscenza le tecniche del linguaggio ordinario, trasformando un oggetto, una persona, un'idea in un'entità impalpabile paragonabile ad un nucleo simbolico astratto.

Quando è nato il linguaggio come noi lo intendiamo, con suoni e parole, successivamente ordinati grammaticalmente e sintatticamente, è stato perché qualcuno ha intenzionalmente legato dei suoni a certi significati ed ha convinto altri a fare altrettanto rispettando suoni omologhi corrispondenti a significati analoghi.

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...Opera naturale è ch'uom favella
ma così o così natura lascia
poi fare a voi secondo che v'abbella...
...


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Dante intuisce la naturalezza della diversità e dell'arbitrio linguistici ben prima di Sausurre.

Se non esistesse una capacità universale di comunicare, come farebbe il neonato a far capire così bene certe sue esigenze, e le piante a comunicarci sensazioni ed emozioni, ed il Sole a renderci note certe transitorie atmosfere della giornata?

Ma poi un giorno un gruppo di mercanti babilonesi che avevano l'esigenza di controllare le merci escogitano un gruppo di segni dei quali si sarebbero poi serviti per catalogare i pezzi e le unità di derrata.

E da quell'espediente è nato l'alfabeto greco, figlio del fenicio, e quello cumano, etrusco, osco, romano, cirillico ...

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Economia.

Legge della casa.

Dalla legge per la sopravvivenza della casa è nato il concetto di scambio e di commercio.


Dal commercio è nato lo strumento linguistico attuale, il sistema comunicativo per antonomasia:

l'alpha\bèto.

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Tutto quanto Omero compose, lo compose a memoria.

E' probabile che non conoscesse l'alfabeto.


Nella sua mente la dea Mnemosyne, Memoria, agiva come se esistesse un sistema di scrittura universale, utile alla poesia, non ancora letteratura.

Omero era cieco.

Sembra incredibile, ma non potrebbe insegnare Greco in un nostro Ginnasio se vivesse oggi ...

Per legge.


Il creatore della letteratura non conosceva alfabeto, creava con la Mente e pur essendo il Padre dei Poeti, nel nostro paese avrebbe fatto un mestiere diverso dall'insegnare lettere greche.

Ma Platone dice altro dalla facile celebrazione nella Repubblica, a proposito dell'Arte, della Poesia.

E' inutile nella pòlis il poeta frivolo, quello che nelle sue opere non insegna, non mostra, non ammonisce.

Ecco farsi avanti nel pensatore greco l'aspetto, se non proprio commerciale, in buona parte utilitaristico della cultura, dell'arte.

Si direbbe anticipato il concetto gramsciano di calligrafismo e contenutismo e la distinzione fra un intellettuale figlio della sua classe sociale, organico, al suo servizio, ed uno invece tradizionale, disimpegnato o meno, a seconda delle opportune convenienze.

E' divenuto famoso il termine 'crociano' per indicare l'atteggiamento dell'intellettuale per nulla compromesso con aspetti e problemi di struttura, pratici, materiali, in quanto per Croce la Poesia, l'Arte, non si deve confondere con il pratico, ma deve seguire il senso dell'intuizione e della contemplazione estetica.


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Poesia e struttura, appunto, sono i binari dell'arte\poesia.

E' struttura tutto quanto si versa nel mare della materia: economia, storia.


E' poesia quanto, sempre che abbia a che fare con la trasmissione della conoscenza, tende ad interessarsi delle verità più astratte e sublimi.
All'interno della poesia stessa è possibile vedere in opera questa dicotomia.

La teoria platonica della utilità dell'arte fu ripresa e sviluppata da un suo allievo:

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... Aristotele.

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Nella Poetica questo grande studioso formula la teoria suggestiva della natura terapeutica dell'arte in generale, del teatro e più specificatamente tragico in particolare.


Assistendo allo spettacolo tragico lo spettatore incline alla commozione viene spinto a rinunciare agli atteggiamenti pericolosamente irrazionali e passionali della vita precedente ed a intraprendere un itinerario di vita più retto.


E' la teoria della natura catartica del teatro tragico e dell'Arte in generale.


L'arte quindi, la Poesia, non sarebbero attività in sé e per sé, ludiche in senso restrittivo, edonistiche, capaci solo di distrarre dai problemi, ma assumerebbero un vero ruolo politico e sociale quali fattori catastematici, ossia rasserenatori, come sarebbero stati definiti successivamente dagli epicurei i piaceri non dannosi.


La metriòtes, la misura, la temperanza, il 'modus in rebus' oraziano, epicurea, era la virtù precipua per Aristotele, e lo sarà per gli allievi di Epicuro.


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